Negli ultimi mesi è stato possibile assistere a una vera e propria crociata internazionale contro gli interventi di chirurgia plastica low cost e – più in generale – contro i facili ricorsi al chirurgo.
Motivazione determinante di tale opposizione, lo scandalo mediatico che hanno generato alcuni episodi di malasanità, con conseguenze tragiche per alcune pazienti che si erano sottoposte a interventi non in linea con gli standard di sicurezza previsti dalle principali autorità sanitarie locali e internazionali.
Ebbene, un’altra battaglia contro la chirurgia estetica “selvaggia” è ora portata avanti dal Venezuela, con il governo di Caracas che ha recentemente messo al bando una lunga serie di sostanze e di prodotti con finalità puramente estetiche.
Anche in questo caso, l’improvvisa esplosione di una spiccata sensibilità è stata generata dalla morte di una donna in seguito a un intervento di liposuzione: quanto basta per compiere importanti generalizzazioni nel settore, e dar seguito a una stretta della regolamentazione inerente le transazioni chirurgiche plastiche.
Insomma, sebbene non si possa certo affermare che dalle parti di Caracas gli interventi di chirurgia con finalità solamente estetica siano stati messi al bando, è certamente possibile affermare come gli stessi siano in procinto di essere sottoposti al vaglio di una serie di attenzioni ben più gravi e profonde.
A finire nel mirino dei tecnici del governo venezuelano sono soprattutto i c.d. “interventi di chirurgia estetica fai-da-te”, ovvero quelli realizzati in ambienti non in linea con i già ricordati standard di eccellenza nazionale e internazionale.
Una nuova legge, che proibisce fermamente la produzione, l’importazione e la distribuzione di sostanze che si applicano mediante iniezione, aghi o ancora altri sistemi per modificare l’anatomia con finalità estetiche e plastiche – così si legge nel nuovo regolamento.
Il ministero della Sanità di Caracas ha pertanto deciso di porre fine al commercio indiscriminato di prodotti per la chirurgia plastica estetica, con sapevole che buona parte di tale interscambio commerciale aveva come naturale destinazione ambulatori non certificati e ben lungi dal poter essere autorizzati al compimento di tali pratiche: tra i principali elementi posti sotto l’attento occhio dei controllori, l’abusato acido ialuronico e il polimetacrilato.
Concretamente, le novità per il settore dovrebbero farsi sentire in maniera vigorosa: quello venezuelano è infatti un mercato dove i prodotti derivati da sostanze organiche o sintetiche per utilizzo estetico, sono ampiamente disponibili.
Di conseguenza, il divieto del governo potrebbe porre in serio pericolo la tenuta di un comparto nel quale – di fianco ad operatori non propriamente rispettosi delle regolamentazioni vigenti – vi sono migliaia di professionisti abilitati e certificati.
La preoccupazione è tanto maggiore se si ritiene che il divieto governativo riguarda tutte le cliniche e gli ospedali (sia quelli pubblici che quelli privati) oltre a centri estetici, parrucchieri, saloni di bellezza, studi di cosmetologia, centri di dimagrimento, centri massaggi, spa, alberghi, resort e tanto altro ancora.
Tornando ai tristi fatti di cronaca, che hanno avuto un ruolo determinante nel licenziamento di una simile iniziativa, si può ben ricordare come l’esplosione indiscriminata di interventi di chirurgia plastica low cost abbia provocato la morte diretta o indiretta di numerose persone.
Tuttavia, la classica “goccia” in grado di aver fatto traboccare il vaso della pazienza governativa, è stato il caso di Ninoska Queipo, una donna giudice che presiedeva la Sala di Cassazione Penale del Tribunale Supremo di Giustizia (una sorta di Corte di Cassazione venezuelana). La donna si era sottoposta a un intervento di liposuzione in una clinica della capitale, ed era morte per le conseguenze di un’infezione contratta in sala operatoria.
Di qui, il gesto estremo di proibire qualsiasi tipo di sostanza che possa essere proficuamente utilizzata per interventi di chirurgia estetica e plastica. Una norma senza grandi precedenti in tutto il mondo, dove si punta invece a contrastare la chirurgia plastica non effettuata secondo i principi previsti dalle regolamentazioni sanitarie, e che rischia seriamente di mettere in pericolo il settore, generando una sorta di flusso turistico estero per l’effettuazione di operazioni estetiche.
L’unica eccezione alla norma venezuelana è infatti rappresentata dall’utilizzo di tali sostanze per scopi terapeutici: per poter fruire degli elementi ora censurati occorre richiedere una esplicita autorizzazione alle autorità sanitarie, e i trattamenti potranno essere seguiti solamente da medici specializzati.